Ho posto queste 3 domande ad alcuni autori:

Concorsi letterari1) In base alla tua esperienza personale e a quanto hai sentito dall’esterno: qual e’ secondo te l’utilita’ promozionale dei concorsi letterari e la tua opinione generale in merito a questi?

2) Quali sono i concorsi ai quali hai eventualmente partecipato? Quali sono quindi le difficolta’ che hai incontrato e cosa vorresti conoscere di questo settore per capire come sfruttarlo al meglio per il tuo libro?

3) Che consigli daresti a un autore inesperto di concorsi prima di affrontarne uno?

Ed ecco il risultato dell’inchiesta sui concorsi letterari.

Francesca Bronner

Sull’utilità dei concorsi ritengo che essi siano uno dei mezzi per raggiungere qualche critico. In più nelle giornate di premiazione c’è la possibilità di contattare gente dell’ambiente letterario. Se si dovesse vincere chiaramente la notorietà sulla propria opera incrementerebbe le vendite.

Quali concorsi era la tua seconda domanda. Personalmente ne ho scelto uno nella mia zona, non si sa mai che dovesssi vincere almeno non devo fare troppi km… Il primo criterio è stato però il prezzo,  il numero di copie richieste e la scadenza. In italia è il primo a cui partecipo. Per questo non ho avuto particolari problemi. Ho contattato telefonicamente prima la responsabile per accertamenti, ho pagato 20  € (che è il costo medio di tutti i concorsi) ed ho spedito le copie e una presentazione. Nel passato ho partecipato ad altri concorsi letterari in svizzera. Purtroppo le mie conclusioni su questi sono un po negative. Ho incontrato un mondo vecchio, che vive di nostalgia e pezzi scontati. Essendo la mia scrittura un po “storta” come la definisce mio figlio, non ho mai avuto alcun riscontro. Altro punto critico, che non posso confermare perchè trattasi di impressione, è che questo mondo giri attorno ai soliti raccomandati. Spero che in italia sia diverso. Ti farò sapere.

Consigli per ora non ne ho se non quanto citato finora.

A conclusione di tutto ciò vorrei specificare che il mio primo romanzo ha seguito le vie tradizionali, casa editrice e quant’altro. Per il prossimo che sto scrivendo intendo appoggiarmi a lulu, quindi on line.

E veniamo a te: Intando mi complimento per il tuo lavoro. Poi vorrei darti un piccolo consiglio. Non prendere la “caduta” del tuo sito come una disfatta ma come un’opportunità. Non creare pensieri negativi e paure sull’intervento esterno a quanto successo non faresti altro che alimentarne il fallimento. Rimetti tutto in discussione poi  spegni la ragione e ascolta il cuore, sono sicura che ne sortirà un progetto vincente che magari esula da quanto hai fatto finora. Scusa la mia schiettezza ma a uno che scrive una mail a una sconosciuta concludendo con “un abbraccio” mi ispira amore e alle persone che amo non posso che dire quello che veramente penso.

Alessandro Tebi

Ho un esperienza davvero limitata nel numero e circoscritta nel tempo quanto a concorsi letterari.
Avevo poco più di diciotto anni quando partecipai al primo concorso letterario, il Premio di Poesia Giosuè Carducci. Le liriche da me inviate furono ritenute degne di menzione. Fine della storia.
Un paio di anni più tardi partecipai a un concorso RAI per giovani scrittori di “scenette radiofoniche, monologhi e sketch adatti al mezzo radiofonico”, qualcosa del genere. Anche in quel caso fui citato espressamente alla radio, ovvero entrai nel ristretto numero di quegli autori non vincitori che furono menzionati pubblicamente durante una trasmissione radiofonica di cui ho scordato il titolo. Fine anche di questa seconda storia, con una leggera variante. La menzione conteneva accanto al nome e al titolo della scenetta proposta un anomalo suggerimento: continuare a scrivere. Ancora oggi mi chiedo se fosse uno sberleffo o una scemenza lapalissiana.

Sono invece espertissimo ahimé di concorsi canori. Dal concorsino di quartiere o di parrocchia, ai concorsi canori di città e regione, fino a quelli più bizzarri che, in caso di vittoria, offrivano la possibilità di partecipazione per merito ad ulteriori concorsi blasonati di livello nazionale come Castrocaro e San Remo. Che ci fosse il parroco di mezzo o l’assessore comunal-regionale di turno, che intervenissero superiori ragioni di funzionari sconosciuti di una qualche radio locale o nazionale fino a un qualche sedicente produttore musicale o meglio sponsor che metteva i soldini, tutti i concorsi erano truccati: il vincitore era già deciso in partenza. Col tempo, mi sono convinto che il concorso lo si organizzava solo e se si individuava a priori un vincitore, che, in quanto tale, portasse con sé un team già collaudato e una produzione artistica e commerciale ben definita.
Non si trattava del fai da te, tipo blog personale e quant’altro, ma del bello che pronto e confezionato. da altri con le spalle robuste!
Questa la differenza coi tempi attuali. Ieri lo sconosciuto in un qualche modo poteva presentare ciò che era e ciò che sapeva fare e se incontrava l’uomo giusto nel momento giusto, quest’ultimo gli costruiva, cuciva e confezionava addosso l’immagine della star. Oggi ci si deve creare tutto da sé se si vuole conquistare un minimo di visibilità.

Ricordato quanto sopra, anche se può apparire come una contraddizione che non è proprio per il rispetto che ho di me stesso, io me la sento di suggerire a un giovane talento di iscriversi a un qualche concorso letterario (o canoro che sia) e di non snobbarlo, per due motivi. 1. L’arte risponde all’arte, l’arte è sempre un’azione di coraggio, quindi bisogna tentare. I tentativi, mica tanti s’intende e mirati, servono pure per farsi le ossa, per toccare con mano una realtà, la quale, come la Grande Storia, spesso e purtroppo, viene decisa sopra le nostre teste. 2. Hai visto mai! Capita che un qualche componente la commissione o giuria s’incuriosisca per davvero del tuo libro e lo legga.
C’è da considerare, in verità, che l’accesso ad un concorso letterario serio il più delle volte passa attraverso l’edizione incaricata di presentare il proprio autore. E qui casca di nuovo l’asino. Chi mai può prendere sul serio una casa editrice che vive sull’autofinanziamento degli autori che pubblica? Boh, arcani labirinti del meccanismo promozionale e pubblicitario. Ci vuole tanta “vitamina B”, leggi: referenze e conoscenze. La solita vecchia storia che si ripete.
E’ chiaro perciò che non vedo l’utilità immediata di un concorso letterario che serve solo a farsi menate più o meno intellettuali tra signori di uno star system autoreferenziale, ma tutto ciò che è sistema, che piaccia o no, va con-vissuto e va conquistato, foss’anche solo per scuoterlo e incrinarlo.

Ma siccome porto rispetto per la sensibilità e l’intelligenza di Emanuele Properzi, sono portato a credere, sebbene non ancora convinto del tutto, che anche da una posizione esterna – creare il proprio blog e conquistarsi il proprio pubblico – si possa individuare quella fenditura nel muro dell’ hortus conclusus che permetta di entrarci e di ritagliarsi una posizione di prestigio, come leibniz insegnava, come Montale auspicava.

Robin

Per quanto riguarda l’utilità dei concorsi letterari al fine della promozione posso dire che escludendo i grandi concorsi a livello nazionale, quelli famosi per intenderci, come lo Strega, il Campiello, il Bancarella e pochi altri, che effettivamente danno una grande visibilità, per il resto posso dire che ce ne sono tantissimi e di vario genere che però non fanno fare il salto di qualità allo scrittore.
Per quanto mi riguarda, lo scorso anno ho partecipato e vinto a un concorso letterario per autori esordienti al salone del libro di Torino, organizzato da Radio 24 in collaborazione con Cult editore. In palio c’era la pubblicazione del manoscritto e la distribuzione a livello nazionale, ma per quanto riguarda la promozione del volume stesso, non si è andati oltre a una intervista ai microfoni di Radio 24. Poi, una volta uscito il libro, sono stato io autore, ad auto promuovermi facendo leva anche sul “titolo” di cui potevo fregiarmi. Naturalmente è meglio avere un titolo di vincitore a un concorso che non averlo, quindi il mio consiglio a chi vuole seguire questa strada è quello di partecipare ai concorsi letterari, ma di sceglierli con cura, soprattutto quelli a livello nazionale. Ci sono delle guide che indirizzano per non disperdere tempo ed energia in manifestazioni o presunte tali, definite di quartiere, la cui visibilità, è confinata in un circolo ristretto.

Giorgio Molinari

Riguardo alle interessanti domande che mi poni:
1 ci sono concorsi letterari molto seri (vedi il PREMIO ITALO CALVINO al quale un paio di anni fa ho partecipato, non ho vinto , ma hanno inviato ugualmente una attenta analisi della mia opera); e penso che l’esordiente debba partecipare a tutti i concorsi che può; certo alcuni sono un po’ cari, ma in genere il prezzo è accessibile.
2 ho partecipato a diversi concorsi , il fatto di non averne vinto neanche uno non mi ha demoralizzato.
3 un sol consiglio all’esordiente: inviare l’opera solo quando si è strasicuri che sia scritta in un buon italiano,  che la storia  e il tema trattato siano perfetti nel senso di compiuti.
I concorsi sono uno dei modi per l’esordiente per farsi conoscere anche se personalmente preferisco inviare le mie opere a un numero spropositato di case editrici.: qualcuno risponderà

Loredana Costantini

1) I concorsi letterari per lo più sono delle fregature. Ossia, paghi le 15 euro, solitamente non di più, a meno che non siamo ladri patentati, e sanno già chi vince.

2) Ho partecipato a un concorso promosso dall’Arpa e uno “Cose a parole” di Giulio Perrone. Che non vincerò ma che ho pagato per concorrere. Non mi hanno parlato bene di lui.

3) Di non illudersi mai. Ma di partecipare per arricchire il curriculum dello scrittore. E poi, non si sa mai… magari qualcuno serio si trova. E poi 15 euro non sono la fine del mondo, in fondo.

Michela Zanarella

Per quanto riguarda i concorsi letterari, ne ho fatti molti, tanti li ho vinti, ne ho addirittura gestiti ed organizzati.
Credo siano un buon metodo per farsi conoscere e per introdursi nel mondo della letteratura, bisogna però fare attenzione e saper scegliere bene. Non tutti sono organizzati con criteri seri e professionali, in alcuni casi il concorso può diventare una macchina “economica” per togliere denaro agli autori emergenti.
In genere preferisco partecipare a concorsi gratuiti, dove non viene richiesta alcuna quota per la partecipazione, è più stimolante e mi consente di mettermi in gioco senza aver speso nulla, se non la mia creatività.
Ultimamente partecipo meno ai concorsi, però in passato ho cercato di farne parecchi per ottenere qualche riscontro, volevo che qualche giuria valutasse le mie opere e devo dire che è stato un buon trampolino di lancio per farmi apprezzare a livello nazionale ed internazionale.
Alcuni dei miei libri hanno riscosso un buon interesse proprio in seguito ai risultati positivi di alcuni concorsi.
Ricordo con piacere il primo posto a Palermo al Premio Cerda- Calogero Rasa e il primo posto a Padova nel Premio “Anime e Luci 2008”.
Non voglio togliere comunque valore agli altri premi a cui ho partecipato, tutti meritevoli di attenzione ed interesse.
Consiglio a chi vuole tentare la via dei premi letterari di provare a mettersi in discussione, senza pretendere troppo da se stessi, a volte ci vuole un pizzico di fortuna oltre al talento e alla bravura.

Marco Apolloni

Fin qui non mi è mai capitato di propormi per qualche concorso, poiché come mi ha detto una volta il mio Editore – non a torto: tanti, troppi sono i concorsi in giro, ma pochi quelli che contano davvero. Nel dir ciò lui intendeva senz’altro quelli che ti fanno uscir fuori dal guscio di “pulcino-scribacchino” e ti fanno vendere un numero considerevolmente maggiore di copie.
Comunque, nei mesi passati il mio romanzo “Il circolo dei nichilisti” (Giraldi, 2010) è stato selezionato fra le opere finaliste del Premio Legenda Giovani, con una giuria composta da professori e liceali. Questo piazzamento mi lusinga anche perché la mia era l’unica opera selezionata appartenente a Case editrici indipendenti. Tanto per dirne una nella selezione finale c’era anche l’opera “Acciaio” (edita nientemeno che da Rizzoli), oltretutto piazzatasi al secondo posto del Premio Strega. Vi ho parlato della mia esperienza perché per quanto ne so io, i Concorsi a cui val la pena partecipare sono quelli in cui non siamo noi scrittori a proporci, ma veniamo proposti da una giuria competente. Il tema delle giurie in un Paese storicamente “clientelare” come il nostro è quanto mai delicato, malgrado esistano delle eccezioni che contraddicono la norma generale. Difatti, non poi così impossibile trovare delle isole concorsuali – per così dire – “felici”.
Di concorsi davvero importanti per opere edite in Italia ne segnalerei tre, sono i primi che mi vengono in mente: 1) Premio Strega; 2) Premio Campiello; 3) Premio Repaci. Mentre per quel che concerne le opere inedite, ve n’è uno che spicca su tutti: 1) Premio Calvino (opera prima). Tuttavia sarebbe da ingenui pensare che sia facile venire prescelti dalle giurie di questi premi, che non ricordo abbiano mai fatto vincere opere di Case editrici estranee alla “quaterna sacra” del panorama editoriale italiano, composta nell’ordine d’importanza da: 1) Mondadori; 2) Rizzoli; 3) Einaudi; 4) Bompiani (con quest’ultima intrattengo una collaborazione per quanto concerne la saggistica filosofica). Negli ultimi anni da segnalare sono le incursioni di alcune opere del Gruppo Editoriale Mauri Spagnol e poco altro davvero. Ad ogni modo, queste sono cose che un qualunque “operaio della penna” al giorno d’oggi dovrebbe sapere. Per affrontare una sfida occorre infatti conoscere bene i propri avversari, che sono nel nostro caso: 1) un Paese che legge sempre meno (e sempre più “bestseller” stranieri o improbabili barzellettieri/biografie di calciatori e/o veline); 2) e un Mercato editoriale che più chiuso proprio non si può (i titoli in libreria durano sempre di meno, per far posto ad altri con la stesso infame destino di durata limitata, d’altronde come ben sottolinea il sociologo Zygmunt Bauman la verità circa la nostra società liquido-moderna è che tutti vogliamo la novità, fresca di stampa nel caso dei libri, poco importa se di dubbia qualità, purché sia una merce nuova e apparentemente appetibile, viviamo infatti nell’età dell’apparenza da cui appuriamo la nostra realtà ontologica, rovesciando il celebre detto cartesiano in: “appaio dunque sono”!). Chi non conosce l’odierna realtà editoriale, come mi ha detto una volta uno dei maggiori editor nostrani, non merita di essere pubblicato. Giustamente l’amico e collega Emanuele Properzi pone l’accento sull’importanza di darsi da fare nel “dopo” pubblicazione della propria opera. Io non solo confermo le intelligenti osservazioni di Emanuele, ma raddoppio chiedendo altrettanta premura nel giocarsi nel miglior modo la fase “pre” pubblicazione, a cominciare dalla scelta della propria Casa editrice (se proprio ci si deve “impelagare” editorialmente, almeno indagate con chi v’impelagate per evitare spiacevoli sorprese, fermo restando che qualunque soluzione può andare bene a patto che venga razionalmente ponderata…).
Per il resto, mi rimangono alcune “banali”, ma banalmente sentite, raccomandazioni da fare. Primo: credere fortemente in se stessi, poiché se non crediamo noi per primi nella nostra opera come speriamo di riuscire a convincere i nostri (potenziali) lettori? Secondo: ricordare il monito baconiano “volere è potere”, solo con una grande volontà infatti si possono arrivare a tagliare grandi traguardi, facendoci largo fra le liane della giungla editoriale da veri “Tarzan della penna” (o sarebbe meglio dire della tastiera, visto che ormai non scrive più quasi nessuno alla vecchia maniera artigianale). Terzo: sì all’autostima, no alla sovrastima; ovvero ciascuno dovrebbe imparare a riconoscere i propri limiti così da potersi migliore giorno dopo giorno; dobbiamo sapere di non essere i soli a sapere scrivere, ma che ce ne sono molti altri e anche più bravi di noi; dunque abbandonando i sogni d’esclusività (cioè di essere “i soli”) occorre maturare la consapevolezza del proprio stile e renderlo chiaramente riconoscibile (la riconoscibilità – detta pure originalità – è il tratto distintivo che meglio riconoscono i lettori ed ogni buon scrittore dovrebbe essere innanzitutto un buon lettore!). In definitiva, sintetizzando il tutto ne consegue che: bisogna essere umili e obiettivi verso ciò che scriviamo. Esserlo non è facile, ma ci si può arrivare per gradi. All’inizio è bene farsi aiutare da qualcuno, l’ideale sarebbe una persona competente. A me è capitato all’università con un mio amico e collega di penna, con il quale sin dal primo giorno ci siamo scambiati una reciproca promessa di “onestà e spietatezza”. Ovvero: lui mi dava un parere onesto e spietato sui miei scritti e io facevo altrettanto coi suoi. Poiché solo da un onesto e spietato confronto-scontro nascono i presupposti per poter diventare da semplici imbratta-fogli a veri e propri artefici di manoscritti leggibili (e perché no anche pubblicabili).
Personalmente l’ambiente universitario mi ha influenzato molto in positivo, oltre ad avermi ispirato la mia opera prima: “Il circolo dei nichilisti”. Opera la mia, come quella di chiunque altro, che non sarebbe mai uscita dal cilindro così com’è, senza una certosina opera di riscrittura. Infatti se scrivere è importante, riscrivere lo è ancor di più. E per quest’operazione non basta tutta la buona volontà del mondo, unitamente alla propria umiltà ed obiettività, ma ci vuol proprio una persona ultra-competente che aiuti a rendere più appetibile il proprio manoscritto agli affaccendati lettori delle Case editrici (io ho trovato questo prezioso aiuto nella mia compagna, giornalista con anni di esperienza alle spalle nella cronaca, nonché capo-redattrice presso una rivista milanese legata al mondo del sociale). I lettori di una Casa editrice sono il primo vero scoglio della “barriera editoriale” da sormontare per qualsiasi aspirante (o “aspirato” a seconda dei casi) scrittore e tenendo conto che quasi sempre si tratta di altri scrittori (con le stesse e identiche ambizioni di pubblicazione) occorre fare grande cautela; non ci si possono permettere storpiature lessicali o men che meno errori o meglio “orrori” – come li chiamano loro – ortografici. Del resto essi hanno il compito di mettere in buona o cattiva luce le opere davanti agli editor, i quali altrimenti non avrebbero tempo di leggere tutto il materiale che giunge nelle “sovraffollate” (peggio delle carceri italiane) segreterie editoriali.
Spero abbiate trovato di vostro interesse le mie osservazioni, tutte opinabili naturalmente (d’altronde scrivere libri non è la stessa cosa di scriver formule), ma di cui mi assumo la piena responsabilità perché sono prese direttamente dalla mia esperienza personale: tutto è relativo nell’arte di scriver libri, o meglio tutto è il contrario di tutto. Le Scuole di scrittura creativa al massimo possono imparare i rudimenti tecnici del mestiere, la tecnica, che è un buon 20%, ma il restante 80% è così ripartito: 20% talento e 60% volontà. Poiché la volontà può tutto, persino volere se stessa (come direbbe Nietzsche…).
Un grande in bocca al lupo a tutti e grazie a Emanuele che mi ha dato modo di riflettere su temi imprescindibili e molto sentiti per chiunque scriva.

Cinzia Luigia Cavallaro

1) In base alla tua esperienza personale e a quanto hai sentito dall’esterno: qual e’ secondo te l’utilita’ promozionale dei concorsi letterari e la tua opinione generale in merito a questi?

Penso che i premi letterari siano da dividere in tre grandi categorie:
1. Quelli ai quali partecipano solo gli scrittori da best-seller o comunque editati da grandi case editrici che possono proporre i libri (V. Strega, Bagutta ecc.) e dunque per gli esordienti praticamente inaccessibili;
2. Quelli seri che accettano manoscritti editi che sono davvero delle ottime possibilità e dunque da considerare dei trampolini di lancio per esordienti o comunque per chi non ha pubblicato già molti libri e con editori di grandi dimensioni
3. Quelli molto meno noti che possono avere una sezione di narrativa edita oltre che inedita e che possono essere interessanti per noi ma vanno scelti con molta cognizione di causa.
In generale credo che i premi vadano presi in considerazione ma su parecchi non mi aspetto una grande trasparenza. Ho continuato a scrivere e non ho più partecipato ad alcun premio dal 1993 nel quale vinsi con un racconto e poi nel 2009 con una silloge poetica allora inedita che è poi stata selezionata e editata l’anno dopo. Concludendo, dopo attenta scelta, tentar non nuoce.

2) Quali sono i concorsi ai quali hai eventualmente partecipato? Quali sono quindi le difficoltà che hai incontrato e cosa vorresti conoscere di questo settore per capire come sfruttarlo al meglio per il tuo libro?
Ho partecipato a qualche concorso e la cosa che mi rammarica di più è che non c’è mai una trasparenza della selezione: vuol dire che non viene pubblicata la selezione completa delle opere partecipanti, o almeno non viene inviata ai partecipanti stessi. Questo sarebbe secondo me segno di serietà e trasparenza. Mi è sempre rimasto il dubbio che non tutte le opere concorrenti vengano lette. Magari è triste apprendere che sei arrivato ultimo, ma almeno hai un’idea generale e non conosci solo il nome dei selezionati. Sapere come ti sei piazzato è comunque un dato utile per il percorso di scrittura e valutazione del manoscritto. Un altro cruccio è la commissione giudicante: quanto è seria e preparata? Non sempre è facile capire questo (almeno per me).

3) Che consigli daresti a un autore inesperto di concorsi prima di affrontarne uno?
Seguire i forum è molto importante e poi guardare i vincitori delle edizioni precedenti per farsi un’idea. Un po’ d’istinto inoltre non guasta.

Gualtiero Prax

Gentile Properzi,
riguardo alla prima domanda che mi hai posto (In base alla tua esperienza personale e a quanto hai sentito dall’esterno: qual e’ secondo te l’utilita’ promozionale dei concorsi letterari e la tua opinione generale in merito a questi?) posso dire di non credere molto alla promozione dei libri a mezzo di concorso letterario, soprattutto per via della mancanza di parametri oggettivi di riscontro che diano agli esterni la possibilità di valutare i criteri con i quali i giudici della commissione valutano quali opere debbano essere premiate e quali no. In poche parole non credo alla genuinità dei concorsi letterari. Probabilmente sono soltanto la vittima del mio pregiudizio, però, devo dire che questa convinzione me la sono fatta ascoltando amici e scrittori esordienti che hanno partecipato ad alcuni concorsi. Certamente se per assurdo si desse la possibilità, ad un autore esordiente, di partecipare ad un prestigioso concorso letterario, ciò costituirebbe un ottima campagna pubblicitaria… il problema però è che per riuscire in questa improbabile impresa, occorrono referenze e denaro. Con tutta onestà credo che la promozione e/o l’auto-promozione sia, come hai già esaurientemente mostrato tu, un sistema composto di vari elementi quali le recensioni, le presentazioni, la pubblicità e, al limite, i concorsi letterari. Quanto alla seconda domanda che mi hai posto (Quali sono i concorsi ai quali hai eventualmente partecipato? Quali sono quindi le difficolta’ che hai incontrato e cosa vorresti conoscere di questo settore per capire come sfruttarlo al meglio per il tuo libro?) personalmente ho solo provato a chiedere informazioni (non ricordo bene se a mezzo di posta elettronica o fax) alla segreteria dei Bellonci al fine di conoscere le modalità di partecipazione al Premio Strega, ma con scarsissimi risultati, visto che nessuno si è degnato di rispondere alla mia richiesta. Credo che in Italia manchino professionisti seri ed appassionati che si facciano carico del notevole valore culturale delle opere artistiche proposte infruttuosamente da autori esordienti. Conosco autori italiani che hanno inviato proposte corredate di libro o audio cd a chi di competenza all’estero ed hanno ricevuto risposta. Invece in Italia gli autori esordienti riescono solo a suscitare indifferenza, e questo è un dato di fatto. Quanto alla seconda parte della seconda domanda (scusa il gioco di parole!) mi piacerebbe conoscere, per l’appunto, le modalità di partecipazione di un opera ai concorsi letterari più prestigiosi (Strega, Campiello, ecc). Riguardo infine alla terza domanda che mi hai posto (Che consigli daresti a un autore inesperto di concorsi prima di affrontarne uno?) inviterei il giovane autore a dar retta a ciò che anela nel suo cuore. La scelta di partecipare o no ad un concorso è personalissima, un po’ come l’ispirazione che anela nell’animo del creativo, al punto da soggiogarlo al suo irresistibile fascino. Le mie opere sono nate tutte (nessuna esclusa) a causa di questo impulso creativo irrefrenabile che mi ha imprigionato ad esso, in una sorta di sofferto delirio creativo. In altre parole se iniziassi a sentire come necessario l’impulso di partecipare ad un concorso letterario lo farei senza pensarci troppo… pertanto l’unico consiglio che potrei dare ad uno scrittore inesperto è quello di partecipare al concorso se ne sente la necessità pur sapendo che sicuramente (o quasi) non ne ricaverà nulla.
Gualtiero Prax

(home photo by tvnewsbadge on Flickr)

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